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Messaggio nella bottiglia

Care studentesse, cari studenti,

 

alla fine, è andata che anche negli ultimi giorni sono stato per lo più bloccato in ufficio da questioni burocratiche, e non sono nemmeno riuscito a fare il tradizionale giro di “in bocca al lupo” alle classi dell’ultimo anno.

Ora, giustamente, quelle classi hanno altro a cui pensare, e tutti gli altri si preparano alla pausa estiva: ci sono molti dubbi che qualcuno vada a leggere il sito di istituto in questi giorni. Quindi, magari questo mio messaggio in bottiglia rimarrà senza lettori. Ma tant’è…

Come alcuni sapranno, già dallo scorso anno per me era tempo di pensione. Ho chiesto, allora, di rimanere, perché mi avrebbe dato una gran tristezza avere come ultimo ricordo del Foscarini quello degli anni del Covid, in cui la consueta vitalità della nostra scuola era fiaccata e mortificata.

Volevo quindi ringraziarvi, tutti, per quest’ultimo anno, in cui sono tornato a vedere l’entusiasmo di tanti di voi, ad apprezzarne le capacità – anche quelle che non compaiono nelle pagelle – e, perché no, la generosità, a ritrovare quei motivi che rendono il Foscarini speciale. So che capirete questa espressione. Non c’entrano le scuole “di eccellenza”, non c’entrano molto nemmeno l’albagia della storia bicentenaria o quella della pretesa “esclusività” dell’istituto. Al Foscarini, come ovunque, non tutto va per il meglio, e sicuramente molte cose, anche sul piano della didattica, possono essere migliorate. E' vero che ci sono, sicuramente, diverse persone di grande valore nello staff. Ma anche questo, non è prerogativa del solo Foscarini. Quindi, non per questo dico “speciale”, ma piuttosto per una qualche aura, abbastanza misteriosa, che spira da questo posto e che, senza che ce ne accorgiamo, ci fa un po’ tutti suoi.

Ora, non aspiro a esser ricordato nel famoso corridoio dei rettori, così come non ho mai creduto che il mio ruolo fosse riforgiare il Foscarini secondo le mie idee, “lasciare un’impronta”. Forse a causa di precoci letture taoiste, diffido un po' di implulsi simili, e credo piuttosto che occorra studiare l’esistente, capire quali sono le sue potenzialità di evoluzione e provare a favorire quelle che ci paiono auspicabili. No more nor less.

Nel far questo, fatalmente, non sono piaciuto a tutti. Qualcuno mi ha rimproverato un’eccessiva morbidezza verso le iniziative degli studenti (autogestioni, cosiddette “occupazioni”). Non era un atteggiamento ideologico. Quest’anno, Luciano Violante è venuto a spiegarci perché secondo lui “la democrazia non è gratis”. Bene, per me una parte di quel “costo” sta anche nel provare, sperimentare e magari fallire esperienze democratiche. Ho visto passare diverse leve di rappresentanti degli studenti, tutti e tutte più o meno intenzionati a fare cose e a farle bene. Poi, gli esiti non sono sempre stati  conformi alle aspettative (magari lo sono stati raramente), ma tutte queste esperienze  hanno dato, a loro e un po’ a tutti, materiale per riflettere e crescere. 

Secondo qualche altro, non ho tenuto abbastanza alta la bandiera del Liceo classico. A me non sembra. Certo, non ho mai creduto al Liceo Classico come al luogo della conservazione, il presidio delle uniche conoscenze e degli unici valori che contano, il luogo dove sacerdoti del sapere umanistico cercano di riprodurre nuovi sacerdoti in miniatura di quel sapere. Come mi è capitato di ripetere ultimamente, per me un “classico” è, essenzialmente, un testo che ha ancora qualcosa da dire. Qualcosa che, per chi ha occhi ed orecchie per intendere, non è necessariamente sempre la stessa cosa.   Per voi, pochi tra i quali proseguiranno gli studi umanistici, mi piacerebbe che i classici che avete incontrato restassero testi con cui avere un rapporto intimo, farne dei “livres de chevet” a cui ritornare, una volta ingegneri, medici, artisti, avvocati, disoccupati o qualsiasi cosa sarete, con piacere. E con la voglia di incontrarne altri. Anche se non per tutti la capacità di tradurre con precisione rimarrà. Non diventare dei monumenti. Monumentum, da monere, è anche monimento, monito. Stai attento, perché è così che devi essere, così e non altrimenti. Credo invece che, da quelle radici, mille fiori diversi possano fiorire.

Inter nos, temo anche che ci sia un bel po’ di spocchia eurocentrica nel ritenere la nostra tradizione culturale l’unica degna di esser conosciuta, ed ogni volta che c’è stata la possibilità di confrontarsi con tradizioni diverse, ho cercato in ogni modo di mettervi in condizione di farlo.

Troppo su di me, chiudo tornando a voi.

Gli anni che state vivendo sono cruciali in un'esistenza, e poterli condividere con persone stimolanti, docenti o compagni che siano, è un regalo che porterete con voi.

In sintesi, stare con voi come rettore è stato un privilegio. Buona prosecuzione, per chi ha altri anni di Foscarini davanti, e a tutti buona vita. Tornerò a trovare quelli che ho conosciuto, magari in occasione del FoscaMUN, che devedevedeve proseguire!

Ultima revisione il 01-07-2023